Dalla Russia: la Gallina Orloff

La gallina di razza Orloff è una razza avicola proveniente dalla Russia e diffusa anche in molti altri paesi.
Si presentano con un aspetto maestoso ed elegante, con numerose sfumature nel piumaggio, tipiche nel loro genere.

Per quanto riguarda le sue origini, queste sono radicate nella provincia di Gilan, nel nord dell’Iran dove a quel tempo era molto conosciuta la razza Chilianskaia. La teoria più accreditata dagli studiosi, circa l’origine della razza Orloff, ritiene che alcuni esemplari della Chilianskaia furono portati dalla provincia di Gilan fino a Mosca, in dono al conte Alexei Grigoryevich Orloff Techesmensky e che da queste si sia poi originata la razza ribattezzata come Orloff proprio in onore del loro nobile possessore.
Successivamente fino agli anni ’70, la razza Orloff è stata conservata separatamente nell’URSS e nella RDT, quindi ora possiamo considerare diversi rami indipendenti della razza Orloff, la tipologia russa e la tipologia tedesca, perché gli standard di razza tedeschi differiscono da quelli russi.

Oggi, dopo gli eventi storici delle due Guerre Mondiali e i successivi cambiamenti socioeconomici, la razza Orloff è considerata gravemente a rischio di estinzione.

La caratteristica più importante, specialmente negli esemplari maschi, è il piumaggio facciale che è caratterizzato dai favoriti uniti e dall’abbondante barba che ricopre tutto il corpo.
È una razza molto rustica che resiste senza difficoltà alle temperature più fredde, infatti, è in grado di deporre uova anche negli inverni più rigidi.

Ha il collo robusto e arcuato, i bargigli piccoli, il becco scuro e curvo e il volto rossastro, con gli occhi leggermente infossati. I polli Orloff sono barbuti, hanno zampe gialle e cresta a cuscinetto. Esistono in tre varietà di colore: rosso, bianco e chiazzato.

L’espressione di questa gallina è spesso descritta come “cupa” e “vendicativa” ma nonostante le loro fattezze possano farla assimilare a qualche possente razza combattente, sono in realtà animali dal temperamento mansueto. Le galline di razza Orloff hanno infatti un temperamento molto attivo e vigile e al tempo stesso sono fiduciose e indipendenti. Dedicandogli un’attenzione regolare risultano molto mansuete e facilmente gestibili.

Amano gli ampi spazi, ma possono essere allevate anche in spazi più ridotti, pur sempre con disposizione di pascolo dove poter razzolare, come ad esempio in un giardino.

Producono circa 160-180 uova/anno di colore marrone chiaro e le chiocce sono ottime madri.

 

Il Pollo Braekel

Il braekel è una delle razze di galline più antiche d’Europa dalla regione del comune di Braekel in Belgio.
La sua storia risale almeno al 1416, infatti da un atto notarile di quell’anno venne citato il commercio di pollame Braekel tra Oudenaarde e Nederbraekel.
L’evoluzione di questo esemplare di pollo ha portato alla nascita di diverse varianti di Brakel: nel Belgio ad esempio si è diffusa la Zwartkop Brakel, che significa “Brakel dalla testa nera”.
A causa degli incroci tra i diversi tipi, la diversificazione è scomparsa e questo ha portato a un tipo di razza. Nel 1926 questa gallina si chiamava ancora Kempische Brakel e solo nel 1962 cambiò nome in Brakel.

Sono famose per gli elevati numeri di uova che producono, da quando hanno circa 4 mesi di vita: esse, infatti, sono in grado di deporre da 150 a 180 uova bianche all’anno di circa 65 grammi ciascuna.

I polli Brakel sono caratterizzati da un fisico allungato e robusto, con petto ben arrotondato ed esteso. La testa, distinta da una pigmentazione scura, è leggermente appiattita ed ornata da una cresta abbastanza grande, che piega su un lato ed è anch’essa particolarmente pigmentata con una base purpurea.
Gli orecchioni, di media grandezza, sono bianchi e nella gallina tendono al bluastro, a differenza del colore più chiaro degli orecchioni del gallo. L’iride degli occhi è bruno scuro, quasi nero, con l’orlo caratterizzato da melanismo mentre le palpebre sono spesse e nerastre.
Le ali si presentano lunghe e ben serrate al corpo, con le estremità nascoste sotto il piumaggio della groppa e la coda, abbastanza lunga è caratterizzata da una grande quantità di piume.

Le colorazioni principali di questa specie sono oro, argento, bianca, nera e blu con differenti sfumature e tonalità.

In natura amano scorrazzare all’aperto, potrebbe anche andare bene un grande recinto protetto da una rete alta data la loro abilità al volo.

Caratterialmente sono molto timide e non amano il contatto con l’uomo

Non sono molto inclini al contatto con l’uomo, anzi, sono galline timide ed il loro carattere dipende molto dalle attenzioni e dalle cure che ricevono.

Di seguito alcune generalità riportate dalla FIAV:

I – GENERALITA’

Origine
Razza un tempo comune in Belgio.

Uovo
Peso minimo g. 55
Colore del guscio: bianco.

Anello
Gallo : 18
Gallina : 16

II – TIPOLOGIA ED INDIRIZZI PER LA SELEZIONE
Pollo robusto dalla forma di pollo campagnolo e dal portamento medio alto; coda abbastanza rilevata con piumaggio abbondante; piumaggio con tipica barratura; temperamento vivace.

III – STANDARD
Aspetto generale e caratteristiche della razza

1- FORMA
Tronco: rettangolare, robusto, largo con forme arrotondate.
Testa: di una buona media grandezza; larga e leggermente appiattita.
Becco: abbastanza possente; blu con punta color corno chiaro.
Occhi: iride bruno scuro che sembra nero; palpebre spesso nerastre.
Cresta: semplice, di media grandezza e di tessitura un po’ grossolana; 5/6 larghi dentelli; lobo che segue la linea della nuca senza appoggiarvisi. Nella gallina piegata dopo il primo o secondo dentello.
Bargigli: di una buona media grandezza.
Faccia: con presenza di piccole piume. Nella gallina pigmentazione blu nella parte inferiore della faccia.
Orecchioni: di grandezza media; bianco bluastro. Nella gallina più bluastri che nel gallo.
Collo: di media lunghezza, mantellina abbondante.
Spalle: larghe.
Dorso: leggermente inclinato verso il dietro. Groppa ben impiumata. Nella gallina più orizzontale.
Ali: ben serrate al corpo; lunghe con le estremità nascoste sotto il piumaggio della groppa.
Coda: portata abbastanza alta, con numerose falciformi lunghe e larghe. Nella gallina larga e portata abbastanza aperta.
Petto: profondo, largo e carnoso.
Zampe: gambe forti e poco visibili. Tarsi di media lunghezza, fini; blu ardesia. Dita ben allargate; unghie bianche.
Ventre: largo e pieno. Nella gallina molto sviluppato.

2 – PESI
GALLO : Kg. 2,0 – 2,75
GALLINA : Kg. 1,75 – 2,25

 

Le Galline hanno il Gozzo Gonfio: Cause e Rimedi

Cosa fare se il gozzo delle nostre galline si presenta gonfio e apparentemente ostruito? Come curarlo e come prevenirlo?
Il gozzo, è una parte fondamentale del sistema digestivo di un pollo ed è in esso che inizia il processo di digestione del cibo.
Il fenomeno di ostruzione del gozzo si verifica frequentemente e si manifesta nell’animale con un generale deterioramento dello stato generale di salute.

Le cause principali che scatenano questa fastidiosa patologia sono:

·        Disturbi alimentari: infatti spesso, mangiare in diversi momenti della giornata si traduce in intervalli significativi tra i pasti. Ciò influisce negativamente sugli organi digestivi degli animali in quanto essendo affamati possono mangiare troppo cibo in poco tempo provocando un vero e proprio trabocco di gozzo. Se il pollo è sano, il cibo andrà dritto allo stomaco mentre negli altri soggetti più deboli e malati il cibo potrebbe accumularsi nel gozzo, provocando blocco e infiammazione;

·        Mancanza di liquidi: la disfunzione del gozzo può essere causata anche da una mancanza di liquidi infatti è l’acqua che spinge il cibo nello stomaco, dove viene digerito. Per questo, è importante controllare non solo la tempestività dell’alimentazione, ma anche la regolarità dell’approvvigionamento idrico;

·        Scarsa qualità del mangime: il blocco può essere causato da mangime contenente grandi pezzi di frammenti, infatti, a volte i polli ingoiano accidentalmente steli e rami grandi o resistenti. In questo caso, gli steli provocano un blocco del gozzo e possono danneggiare gli organi;

·        Mancanza di vitamine e minerali: lo sviluppo del disturbo può essere dovuto anche a causa di una quantità insufficiente di vitamine e altri elementi utili nel corpo degli uccelli. La causa più comune di problemi è una carenza di vitamine B2 e B12.

Gli animali che sviluppano questa patologia sono visivamente colpiti a livello fisico e manifestano segni di debolezza, mancanza di sete e appetito, affaticamento respiratorio e aumento della temperatura corporea.
Per questo motivo è possibile identificare il blocco del gozzo dall’aspetto del pollo: se il sacco del timo di un uccello viene costantemente ingrandito, indipendentemente dal cibo, ciò indica una violazione della sua pervietà. Il modo più semplice per identificare la violazione è negli uccelli che non hanno piume spesse nella zona del collo.

Quando viene bloccato, il sacco del timo acquisisce una consistenza dura e assomiglia a una palla densa. In concomitanza a questo, il pollo svilupperà problemi respiratori ad intermittenza.
In caso di infiammazione comparirà un liquido trasparente o giallastro che verrà rilasciato dal becco. In questo caso, deve essere isolato dal resto dei polli e massaggiato gradualmente con acqua tiepida.

Anche l’alimentazione del pollame è importante e per questo si consiglia di nutrire gli animali con cibi eccezionalmente morbidi come porridge tritato bagnato, patate bollite e schiacciate fiocchi di latte, uova sode e kefir.

Identificando tempestivamente il problema, vale la pena provare ad ammorbidire il cibo che è presente all’interno e provare a somministrare loro anche olio vegetale e acqua. I procedimenti da seguire sono i seguenti:

1)     versare una miscela di olio e acqua nella gola dell’uccello con una siringa;

2)     eseguire un massaggio alla foca;

3)     posizionare il pollo sottosopra;

4)     spingere il nodo alla gola;

5)     agitare delicatamente di tanto in tanto.

Se questo metodo non ha dato i risultati desiderati, si consiglia di iniettare una soluzione debole di permanganato di potassio nella gola. Questo dovrebbe essere fatto con un tubo di gomma morbida.

Se si incontrano di frequente questi problemi negli animali si consiglia di separare il pollame con gozzo intasato dagli altri polli e di seguire una dieta speciale. Durante il periodo di terapia, gli animali devono essere alimentati solo con cibi morbidi.

Per curare la patologia, è necessario identificarla in tempo e adottare immediatamente le misure appropriate per escludere altri problemi di salute.

Le principali complicanze della malattia includono lesioni infiammatorie del gozzo e dell’intestino. Con la cronicità del processo, c’è il rischio di danni all’esofago, funzionamento alterato dei reni e del fegato e, nel peggiore dei casi, possibile soffocamento dell’animale.

 

Il Cane Mastino Tibetano

Il Mastino Tibetano è una razza canina molossoide originaria del Tibet, dove viene da secoli impiegata come cane da guardia.
Le origini di questa razza derivano dal prototipo razziale dei Molossoidi, grandi cani da montagna selezionati in epoca protostorica nel Medioriente, dove la nascente pastorizia aveva mostrato la necessità di selezionare un grosso cane difensore del gregge.
Successivamente, dalla Mesopotamia, il molossoide si diffuse nell’antico impero persiano e da lì al Caucaso, all’India ed a tutti i paesi dell’Himalaya, dando origine a diversi ceppi locali: tutti cani accomunati da una certa tipologia caratteriale forte, dominante, territoriale e protettiva verso la famiglia umana, ma con varianti morfologiche dovute alle diversità climatiche e del territorio.

Tra le tante, la razza che, in ragione dell’isolamento, ha meglio conservato le caratteristiche dell’antenato comune è appunto il mastino tibetano: studi recenti hanno infatti dimostrato che questo esemplare ha una linea genetica che si può riscontrare in altri cani da montagna come il Bovaro del bernese, il Cane di San Bernardo ed il Leonberger.

Nei secoli successivi, i rari esemplari di mastino tibetano pervenuti in Europa furono conseguentemente trattati come delle belve esotiche e, come tali, esposte negli zoo. I primi tentativi di allevamento occidentale risalgono agli Anni ’20-30, per opera degli inglesi con l’importazione di soggetti che però non hanno avuto discendenti fino ai nostri giorni.

A partire dall’anno 2000 circa, grazie alla relativa apertura dei confini tibetani da parte della Cina e al crescente interesse degli stessi cinesi per questa razza, si ha avuto una progressiva diffusione di nuovi soggetti, a volte chiamati di “tipo cinese”, che nella maggior parte dei casi sono sia caratterialmente che morfologicamente differenti dal molosso tibetano originale. Ed in effetti sono in molti a nutrire dei seri sospetti su questa selezione cinese, che ha, di fatto, dato vita ad una ‘varietà’ precedentemente sconosciuta e mai documentata nelle terre di origine.

Il Mastino Tibetano si caratterizza fin da cucciolo per la sua imponenza e da adulto raggiunge un’altezza media di 66 cm al garrese per i maschi e 61cm per le femmine.
Il pelo è foltissimo e sul collo forma una grossa criniera che conferisce al volto un aspetto leonino davvero inconfondibile. La coda è arrotolata sulla schiena, di lunghezza media, dotata di pelo abbondante.
La sua possanza è data non solo dalle dimensioni notevoli ma anche dalla struttura ossea forte e dalla muscolatura massiccia, molto sviluppata nella parte anteriore del corpo. Le colorazioni del mantello variano dal fulvo, al nero focato, passando per il nero assoluto, il rosso e in piccola percentuale anche il grigio-blu.

La robustezza e l’adattabilità di questa razza canina a qualsiasi tipo di ambiente fanno del Mastino Tibetano un cane longevo che vive per circa 14-15 anni, dal metabolismo lento, perfettamente in grado di vivere all’aperto anche tutto l’anno.

In casa sono di carattere tranquillo, passano gran parte del loro tempo a sonnecchiare, sempre pronti comunque ad attivarsi al primo rumore sospetto. Nonostante la loro natura apparentemente solitaria, il Mastino Tibetano è un cane bisognoso del contatto con il padrone e con gli altri membri della famiglia. Con gli estranei è piuttosto diffidente, ma non necessariamente ‘scontroso’ e sicuramente poco propenso al gioco, motivo per il quale non è consigliato per le famiglie con bimbi piccoli.

Viste le sue origini e la sua naturale protezione alla custodia dei propri affetti, qualsiasi esemplare di Mastino Tibetano sarà un perfetto guardiano della casa, sicuro ed affidabile con tutti i membri della famiglia, compresi altri animali domestici, di cui si sentirà eternamente responsabile.

L’alimentazione del mastino tibetano è molto importante, soprattutto quando è cucciolo. La prima fase, quella più critica, è fino ai 18 mesi: in questo periodo il cucciolo deve essere alimentato con non troppe proteine e un corretto rapporto calcio/fosforo.
È consigliabile una lieve restrizione alimentare piuttosto che un’iperalimentazione, in quanto nel primo caso si permette una crescita regolare mentre nel secondo con integratori e vitamine si favorisce l’obesità, l’aumento della velocità di crescita che è dannosa per un regolare e naturale sviluppo scheletrico muscolare. La crescita del mastino tibetano deve essere lenta ma costante, proprio per la sua taglia enorme.

La Razza Marans

La Marans è una razza avicola originaria della Francia che prende il nome dall’omonima città nel dipartimento di Charente Marittima. E’ stata selezionata nel diciannovesimo secolo nei pressi della cittadina di Marans, la quale si trovava vicino al porto di La Rochelle, dove arrivavano polli combattenti grazie ai marinai inglesi, i quali erano soliti divertirsi durante i viaggi assistendo a gare di combattimento tra galli. Alla base della selezione della razza ci sono quindi incroci tra polli locali e polli combattenti. La razza è famosa in tutto il mondo per il fatto di deporre uova di color marrone cioccolato scuro, dote che le ha permesso di essere soprannominata “Gallina dalle uova d’oro”.
Nella prima metà degli anni 1930 la Marans si espanse in tutta la Francia fino ad arrivare in Inghilterra, ma durante la 
seconda guerra mondiale, subì un forte declino. Nel 1950 fu avviato un progetto di ricostituzione della razza, ma per molti decenni la razza stentò a decollare, e molte delle colorazioni create divennero rarissime.
Negli anni 1990 la Marans tornò ad ottenere l’interesse di molti allevatori, i quali mirarono a una selezione accurata.
La Marans è un pollo medio, robusto e dal portamento elegante, dotato di cresta semplice abbastanza sviluppata e di zampe leggermente impiumate.
Allevata principalmente per le esposizioni avicole, questa razza conserva le doti di una buona produttrice sia di uova che di carne.

Di seguito alcune tra le principali caratteristiche degli esemplari Marans:

·        Testa: allungata e di media grandezza;

·        Cresta: Semplice, dritta in entrambi i sessi e di media grandezza. Denti ben delineati e lobo distaccato dalla nuca. Nella gallina la parte posteriore può essere leggermente inclinata, soprattutto durante la stagione della riproduzione;

·        Faccia: rossa e liscia;

·        Occhi: grandi e vispi, di colore rosso-arancio;

·        Becco: forte e ricurvo, di colore corneo;

·        Orecchioni: rossi e a mandorla;

·        Bargigli: rossi e di media grandezza;

·        Collo: lungo e forte; dotato di mantellina abbondante;

·        Petto: forte e largo;

·        Spalle: larghe;

·        Dorso: lungo e inclinato;

·        Addome: ben sviluppato;

·        Ali: corte e aderenti al corpo;

·        Coda: Corta e portata, in entrambi i sessi, con un angolo non superiore ai 45º;

·        Zampe: tarsi di media lunghezza, bianco rosati nelle varietà chiare e grigi in quelle scure. Unghie bianche o color corno. Le zampe sono leggermente impiumate esternamente fino alle dita.

La Marans ha molte colorazioni, derivanti probabilmente dai primi incroci con i polli combattenti, i quali erano presenti in una vasta varietà di colori.
La colorazione più diffusa è la Nera Ramata, allevata da oltre l’80% dei membri del Club francese. La Nera Argentata è simile alla precedente, meno comune ma produce anch’essa uova molto scure.
La colorazione Frumento deriva direttamente dalle razze combattenti che hanno contribuito alla creazione della Marans; le varietà Blu Ramata e Blu Argentata sono varianti delle Nere, ma sono molto più rare, nonostante siano produttrici di uova rosso scure. Sembra che esistessero fin dai primi incroci.
La Bianca ha vissuto negli anni 1960 come pollo “semi-industriale”, per poi scomparire. Negli anni ’90 è stata ricostruita ed oggi è ben presente.
La Nera fu inserita nello Standard nel 1949, ma oggi è molto rara. Spesso è confusa con soggetti difettosi di Nera Ramata, resi neri dall’eccesso di pigmentazione. Ma in realtà si tratta di colorazioni geneticamente diverse, che non vanno accoppiate tra loro. La Bianco Columbia è estremamente rara, così come la Fulva a coda nera. Altre colorazioni sono la Salmone-dorata e la Salmone-argentata.

 

Corretta Alimentazione delle Galline

L’alimentazione delle nostre galline ovaiole rappresenta uno dei principali fattori alla base della loro salute. È quindi importante studiare una vera e propria “linea alimentare” che favorisca il loro benessere armonico e che ne rafforzi il sistema immunitario.
Come accade per noi umani, ogni gallina ha un diverso fabbisogno nutrizionale, che è determinato da età, peso, sesso, metodo di allevamento e periodo dell’anno.

Prima di parlare di corretta alimentazione per le nostre cocche, è bene comprendere come funziona il loro sistema digerente. Innanzitutto, consideriamo che le galline utilizzano il becco per nutrirsi e tramite esso sono in grado di prendere ed ingurgitare il cibo che, come succede in tutti gli apparati digerenti, subirà diversi stop nel corso della digestione ad ognuno dei quali è associata una precisa fase digestiva.
È nel gozzo che il cibo ingurgitato subisce un primo stop; qui gli alimenti vengono rimescolati e subiscono una prima “digestione enzimatica”. Uno stop che dura all’incirca 24h in seguito al quale gli alimenti passano nello stomaco ghiandolare, dove entrano in contatto con i succhi gastrici ed enzimi che in pratica pre-digeriranno la poltiglia alimentare. Quest’ultima passerà quindi dallo stomaco ghiandolare allo stomaco muscolare dove verrà sottoposta a triturazione: durante questo passaggio sarà fondamentale la presenza di piccoli sassolini perché sono questi a fare in modo di sminuzzare correttamente erbe, verdure e sementi.
Le galline non hanno bisogno di sostanze nutritive finemente raffinate come farine o polveri, ma bensì di sostanze sbriciolate, sminuzzate e a piccoli pezzettini, con granulometria e consistenza differente, in modo che l’apparato digerente sia messo nelle condizioni di funzionare al meglio.
Esse, come gli uccelli in generale, sono animali granivori, e dunque la loro dieta deve essere costituita per la maggior parte da granaglie. Oltre questo va aggiunto il fondamentale apporto di vitamine naturali. 

Sarà dunque necessario mettere a loro disposizione un buon apporto di carboidrati garantendo giuste dosi di grano o frumento, avena, orzo, mais o granoturco, sorgo, miglio, panico, segale, riso, farro, quinoa, ecc. Oltre alle suddette granaglie intere potremmo anche preparare pastoni con le farine o cruschelli di tutte le granaglie elencate.

Ovviamente anche per le galline è importantissima l’acqua che deve essere possibilmente sempre fresca e pulita. Le galline ne bevono infatti molta: fino a 2/3 volte di più rispetto al mangime ingerito (circa 110 – 150 grammi di mangime secco), e fino a 5 volte in più durante la stagione estiva.

Durante il giorno, i momenti di riposo sono alternati con la ricerca costante di cibo, attività soprannominata comunemente “razzolare” e buona parte dell’apporto alimentare giornaliero è frutto di questo scandaglio minuzioso del terreno, dove sarebbe ottimale potessero esserci erba e piante varie per quanto più possibile spontanee e rispettose della biodiversità locale.

E’ dunque consigliato mettere a loro disposizione un pascolo ricco e sufficientemente spazioso, tenendo conto che 4 mq di superficie scoperta a gallina è la superficie minima richiesta.
Per non disincentivarle a razzolare, gli orari migliori per mettere loro a disposizione cibo nelle mangiatoie sono a metà giornata e prima dell’imbrunire, in modo da agevolare la pennichella pomeridiana del “dopo pranzo” e il sonno notturno.

L’alimentazione equilibrata di una gallina adulta necessita di un apporto proteico pari al 16% ed è quindi determinante garantire loro questa percentuale.

Mettere a disposizione solo granaglie o solo erbe e piante non vuol dire garantire un’alimentazione corretta ed equilibrata alle nostre galline.

 

 

Dalla Francia: il Gatto Certosino

Il gatto certosino, Chat de Chartreux in francese, è una razza di gatto domestico originaria della Francia.
Le sue origini non sono ad oggi molto chiare: secondo alcuni potrebbe derivare dai monaci Certosini, i quali erano soliti allevarli per proteggere le loro scorte alimentari; altri invece ritengono che il nome sia associato alla lana di Certosina, di cui il mantello del gatto sembra richiamare molte caratteristiche, tanto che spesso i commercianti le scambiavano.
Questa specie è arrivata presumibilmente in Francia nel 1100, per opera dei cavalieri templari e diventò tra le preferite del generale Charles de Gaulle e della scrittrice francese Colette che la rese il simbolo nazionale della Francia.

Il muso sembra ricordare un sorriso, il che rende questo animale molto buffo e simpatico oltre che molto affettuoso, estremamente legato alla sua famiglia e con una forte personalità. Si dimostra come un animale molto leale e la sua maturità si dimostra fin dalla tenera età: infatti è equilibrato, si affeziona alla famiglia e non alla casa accettando senza problemi gli spostamenti.
Non tende ad essere territoriale; dunque, si relaziona facilmente con altri animali domestici. È attivo ed estroverso, si concede facilmente ai giochi, ma è lui a scegliere da chi farsi coccolare.
Di natura comunque indipendente, accetta le coccole, ma non gradisce essere preso in braccio o essere “strapazzato”; vi farà capire lui quando è in vena affettuosa o meno. Tende a legarsi di più a un membro della famiglia in particolare, tant’è che accompagna volentieri a passeggio il suo padrone e lo segue per casa, prestando molta attenzione a tutto ciò che fa.
Alcuni lo definiscono “gatto-cane” per il legame speciale che stabilisce con gli esseri umani. Pare che in realtà in questa razza sia proprio il maschio ad essere più coccolone, mentre la femmina cerca di stare sempre in disparte. Molto calmo e tranquillo, riesce a adattarsi alla vita da appartamento, ma se lasciato all’aria aperta, si muove come un abile cacciatore alla ricerca di topi.

Nella razza, si notano molte differenze tra gli esemplari femmina e gli esemplari maschio: la prima, di indole più indomita e attiva, raggiunge pesi e dimensioni tipiche del gatto domestico; il maschio può invece raggiungere pesi e dimensioni considerevoli, fino ai 7-8 kg e oltre.
Il gatto certosino ha un corpo muscoloso, spalle larghe e un petto robusto, il tutto completato da zampe medio-corte, con ossa fini. Il pelo è liscio, grigio con riflessi blu e può avere sfumature che variano dal color cenere fino al color ardesia. Tutte le tonalità sono ammesse nello standard di razza, ma la più apprezzata è il grigio-argentato chiaro.
Secondo lo standard non deve esistere differenza di tonalità tra mantello e sottopelo: il mantello deve apparire uniforme senza ombreggiature, mentre la presenza di riflessi bruno-rossi, le picchettature o la presenza di peli bianchi sono considerati dei difetti.

Ha una vita media di 14 anni.

L’alimentazione del certosino non si discosta rispetto a quella di molti altri gatti: come molti altri felini è carnivoro e quindi si ciba quasi esclusivamente di proteine animali come carne o pesce. La dieta deve essere ricca di proteine e vitamine e povera di zuccheri e fibre. Da fare particolare attenzione alla quantità del pasto: valutate assieme al vostro veterinario di fiducia la dieta più adatta al vostro gatto. A integrazione della carne o del pesce, può essere somministrato del riso, verdure, o uova. Da evitare i carboidrati come pane, pasta o pizza, perché l’intestino del gatto potrebbe non digerirle e anche la carne non disossata in quanto potrebbe creare problemi di masticazione o deglutizione.

Il pelo del certosino è molto resistente e la lunghezza non particolarmente eccessiva. Ciò garantisce a questa razza di perdere pochi peli nella stagione della muta e di evitare così al padrone la spazzolatura giornaliera. Rimane comunque importante che nella stagione di cambio pelo il gatto venga spazzolato una volta ogni dieci giorni. Importante anche prestare particolare attenzione alla pulizia dei denti e della bocca, per evitare problematiche di tartaro e di cattiva masticazione.

Quando si acquista un cucciolo, spesso si rischia di confondere la razza del certosino con il blu di Russia, di cui ricorda molte caratteristiche. Il prezzo del gatto certosino è abbastanza elevato, si parte dagli €800,00 per finire, con i gatti dal pedigree puro, ai €1.500,00.

 

La Pecora D’Ouessant: dalla Bretagna alle Nostre Case

La Pecora Nana, soprannominata anche Pecora d’Ouessant, originaria della Bretagna è la razza ovina più piccola al mondo. Il maschio raggiunge un’altezza al garrese di 45-50 cm e un peso di 15-20 kg, mentre la femmina raggiunge i 43-48 cm e un peso di 13-15 kg.
Dopo aver rischiato l’estinzione a seguito degli incroci effettuati per aumentarne la produttività, va ora diffondendosi grazie alla taglia ridotta ed al carattere socievole che la rendono adatta a parchi, giardini rurali e piccoli terreni dove può svolgere la funzione di rasaerba ecologico.

La testa vista dal davanti appare di forma triangolare e gli occhi sono chiari con uno sguardo vivo.
I maschi possiedono delle belle corna ad una sola voluta, con sezione triangolare mentre le femmine ne sono prive. La pelliccia è piuttosto lunga, arruffata e il colore può essere nero, marrone o bianco.
Fino al 1976 restavano poche centinaia di esemplari ma fortunatamente un gruppo di allevatori decise di salvare la razza allevandola, così, dalla fine degli anni ’90.
È possibile trovare queste pecore nane distribuite in tutta la Francia, in Belgio e in Olanda. Originaria di zone battute dal vento e caratterizzate da vegetazione estremamente povera, la pecora d’Ouessant si è adattata a vivere in queste difficili condizioni diminuendo la propria taglia.
È una pecora molto rustica, di buona salute, di buon carattere e quindi facile da allevare.

Si presenta come un animale gregario e necessita di vivere almeno in coppia. La riproduzione avviene in autunno e gli agnelli nascono in primavera dopo una gestazione di 145-150 giorni. La femmina partorisce un solo piccolo all’anno.

Per un allevamento ottimale è opportuno assicurarsi che l’area di pascolo sia sufficiente per il numero di pecore che si intendono allevare. Le pecore pascolano per circa otto ore al giorno e in media per 6 pecore sono necessari 2 acri di terreno.
Le dimensioni del pascolo possono variare in base al clima, la manutenzione, tipo di vegetazione e frequenza delle precipitazioni.

La dieta della pecora nana è composta da foraggio fresco e fieno. Le pecore si nutrono delle piante che trovano al pascolo, come l’erba e il trifoglio. Se l’area di pascolo è sufficientemente grande e fiorisce tutto l’anno, non c’è bisogno di altro cibo per le pecore.

La quantità di fieno necessaria dipende dalla qualità e dalla quantità di erba disponibile. Una pecora consuma circa mezzo kg di fieno ogni 45 kg di peso.
Il fieno è solitamente un foraggio secco e tagliato. Si produce utilizzando erba o trifoglio. Più tardi viene tagliato, migliore è la qualità.

Ricorda che alcune qualità di trifoglio contengono un estrogeno che può avere un effetto anticoncezionale, da evitare se prevedi di far riprodurre le pecore.

 

 

Le Caprette Tibetane: Nuovi Animali Domestici

Le Caprette tibetane sono degli esemplari originari della Somalia e vengono soprannominate anche capre nane d’Africa. Di recente vengono allevate anche in Italia in giardini zoologici e fattorie. 
Il nome inganna, perché il Tibet non ha molto a che fare con le Caprette tibetane, anche se risultano molto adattabili e in grado di sopravvivere in habitat anche diversi da quelli in cui provengono, dove vige un clima umido e caldo e cresce una vegetazione arida e stepposa.

Queste vivono in generale in gruppi in cui rispettano severamente una gerarchia precisa: ci possono essere alleanze tra maschi, ma chi comanda è sempre una coppia maschio-femmina e seguono poi le femmine più giovani. Ancora più in basso troviamo i maschi precoci riconoscibili dalle loro corna piccole e dalla caratteristica barbetta sotto il mento. Le femmine addirittura possono non avere nemmeno le corna e se compaiono sono più corte e più sottili di quelle dei loro coetanei maschi.

Le Caprette tibetane misurano dai 35 ai 60 cm, le femmine sono sempre più piccole e longilinee e pesano 10 Kg in meno dei maschi, in media, che invece raggiungono i 30kg.

Il mantello inizialmente era marrone ma con gli anni ha assunto differenti colorazioni che, con gli incroci, si presenta molto vario: dal bianco al nero, con punte in camoscio, grigio o mantello pezzato. Quanto alla lunghezza del pelo, dipende dalla stagione, ma quello dei maschi è sempre più folto e si confonde anche con il fatto che sono più muscolosi e forzuti.

Sono animali onnivori, ma nella realtà mangiano soprattutto foglie, erba e arbusti. Questi animali amano molto anche foglie, germogli, cortecce degli alberi, granaglie, cereali non macinati e pane secco. Nel periodo primavera-autunno, si procurano da soli il cibo brucando l’erba all’interno del recinto. In queste stagioni le integrazioni con orzo in grani e altri vegetali sono utili, ma non indispensabili; invece, da novembre a marzo va fornito loro del buon fieno che va conservato in luogo asciutto. Quando si forniscono mangimi o granaglie è importante che non ne avanzino mai per i giorni successivi perché, se esposti all’umidità potrebbero creare grossi problemi agli animali. Teniamo conto che le caprette tibetane sono piuttosto ingorde e per questo è consigliato lasciare a loro disposizione dell’acqua sempre fresca e del cibo disponibile in qualsiasi momento della giornata.

In particolare, per la capra nana vanno somministrate:

–         Proteine: servono soprattutto alle madri che stanno allattando e agli esemplari giovani. Si trovano nell’erba medica, nell’orzo e nella soia;

–         Energia: viene fornita fondamentalmente dai carboidrati e dai grassi, reperibili soprattutto nei grani del foraggio, soprattutto orzo, non macinati;

–         Vitamine: essenziali sono soprattutto le vitamine A e D, importantissime per evitare malattie ossee, cardiache e muscolari. La vitamina D deriva soprattutto da foraggio esposto per un certo tempo al sole. Gli elementi con cui interagiscono positivamente sono, soprattutto, il calcio e il fosforo; questi elementi si trovano nell’erba medica e nelle granaglie;

–         Sali minerali: se la dieta quotidiana ne è scarsa occorrerebbe aggiungere una mistura formata al 50% da calcare e sale iodato. Nel ricovero è bene predisporre sale minerale in blocchi, indispensabile per mantenere sani gli animali.

Le neonate Caprette tibetane non arrivano a volte nemmeno a un chilo e si nutrono di latte materno per un mesetto ma sono subito capaci di muoversi: saltellano e cercano la madre per il latte, poi a sei mesi sono già svezzate. La vita media è di 10–12 anni, se tenute in cattività, perfino 20, ma sono casi molto rari.
Il ritmo di riproduzione è piuttosto elevato, tenendo conto che quando i cuccioli sono svezzati le femmine sono pronte da subito ad una nuova gravidanza.

Sono animali molto socievoli anche se è meglio tenerle lontane da fiori e siepi. I maschi, ad ogni modo, richiedono un’attenzione particolare, soprattutto nel periodo dell’estro. Possono infatti creare alcuni problemi con la loro irruenza e, soprattutto, il loro odore. Essi, infatti, andrebbero acquistati solo se si possiede un posto sufficientemente grande e attrezzato, dove poterli eventualmente tenere isolati anche alla sola vista delle femmine. Per una buona armonia del gruppo andrebbe tenuto un solo maschio per volta nel recinto delle femmine. Inoltre, andrebbe mantenuto lontano dalle femmine di età inferiore ai 18-24 mesi e fatto permanere nel recinto di comunità solo pochi giorni al mese.

La rabbia, i nematodi gastro-intestinali e la rogna sono alcune delle malattie che possono essere contratte e trasmesse dalle caprette tibetane. Bisogna prestare attenzione perché, alcune di queste possono essere trasmissibili all’uomo o ad altri animali. Alla stessa maniera altri animali o lo stesso uomo possono essere vettore di contagio per le caprette.
Importante comunque considerare che fra tutti gli animali allevati dall’uomo le caprette sono fra i più robusti e meno attaccabili dalle malattie.

 

Corretta Temperatura e Procedura per Incubare le Uova di Gallina

Nel processo di incubazione delle uova è fondamentale conoscere la temperatura e il tasso di umidità ideali che devono essere mantenuti nelle varie fasi fino alla schiusa.

Rispetto al passato, al giorno d’oggi gestire la temperatura dell’incubazione delle uova di gallina è molto più semplice. Questo perché le moderne incubatrici artificiali consentono di impostare la temperatura ideale in modo esatto, andando a modellare l’azione dell’elemento riscaldante che è al proprio interno.
Per questo motivo, per avere la garanzia di una perfetta schiusa di tutte le uova, sono le incubatrici artificiali gli accessori più adatti a ridurre il rischio di oscillazione della temperatura interna all’incubatrice, che potrebbe generare un nocivo stress all’embrione. Al contrario, un’impostazione manuale è molto più complicata, e richiederà delle attenzioni specifiche, oltre che l’utilizzo di termometri molto precisi.

La temperatura ideale all’interno dell’incubatrice con delle uova di gallina dovrebbe essere intorno a 38,5 gradi nel caso in cui non vi sia ventilazione forzata, o di 37,7 gradi se invece l’incubatrice è ventilata.
In ogni caso, la temperatura nell’incubatrice non è la stessa per l’intera durata del processo di sviluppo dell’embrione, ma subisce un decremento nella parte finale, quando ci si avvicina alla schiusa.
Per le uova di gallina la durata dell’incubazione è di circa 21 giorni: per i primi 18 giorni la temperatura va mantenuta attorno ai 37,7°C, con un’umidità del 57%, successivamente, a partire dal 18° giorno si entra nella fase di schiusa, per cui è indicato abbassare la temperatura a 36,9°C ed aumentare l’umidità tra il 66% e il 75%.

Prima di inserire le uova nell’incubatrice, è opportuno lasciarla accesa un paio d’ore per darle il tempo di stabilizzarsi.

Una volta che inizia il periodo di incubazione, è consigliato di aprire l’incubatrice il meno possibile. Questo perché l’apertura dell’incubatrice causa un abbassamento dell’umidità, che, in particolare durante il periodo di schiusa, rende più difficoltoso ai pulcini la rottura del guscio, aumentando il rischio che ne rimangano intrappolati all’interno senza possibilità di uscita.

Nel caso si verifichi un’interruzione di corrente e l’incubatrice resti senza alimentazione per qualche ora non bisogna assolutamente aprire il coperchio, per conservare il più possibile la temperatura all’interno. Inoltre, se possibile, è opportuno coprire l’incubatrice con una coperta, avendo però cura di staccare la spina, dato che al ritorno della corrente l’azione congiunta della coperta e dell’incubatrice rischia di far salire troppo la temperatura.
Nel momento in cui l’alimentazione risulterà di nuovo attiva, si può riattaccare la spina e togliere la coperta, avendo cura di verificare che la temperatura e l’umidità siano ai livelli ottimali. In alcuni modelli di incubatrice è comunque possibile mantenere i livelli ottimali di temperatura e umidità per alcune ore in assenza di corrente.